Di Francesca Santoro
Siamo a metà di aprile, la BCBF24 si è appena conclusa (evviva la BCBF!) e sono pronta a scommettere una pizza che sui nostri tavoli risiede ancora – guardato con amore e rispetto – almeno un mucchietto di biglietti da visita, cartoline o adesivi geniali che aspettano solo di entrare a far parte del nostro habitat.
Naturalmente ci sono professionisti meno sentimentali o feticisti che riorganizzano le risorse subito (ne conosco almeno una qui), ma sono certa che anche loro in questo momento sanno esattamente di cosa stia parlando. Della (apparente) generosità della Bologna Children’s Book Fair, la BiccìBiEffe per noi bolognesi.
Perché “apparente”, anche se tra parentesi? Perché il lavoro è generoso solo rarissime volte.
E questo è il momento giusto per un’ammissione pubblica: io sono un’impostora. Non illustro nulla, non so nemmeno disegnare o tenere una matita senza che mi tremi la mano o che una ditata mi macchi il foglio.
Dell’impostorietà (o impostura) come approccio alla vita: il muro
Questa consapevolezza mi accompagna a braccetto ogni anno durante il mio giro in fiera e si palesa con prepotenza – come l’armadillo di Zerocalcare – davanti al Muro, che ad ogni edizione guadagna qualche decina di metri in più.
Perché lì davanti non c’è spazio per chiacchiere, il Muro è spietato e favoloso. E soprattutto ipnotizza gli astanti caricandoli di domande: come è possibile attaccare i propri lavori così in alto, in cima al confine con il cielo quasi? (improvvise visioni di illustratori che girano muniti di scale, oppure che montano uno sulle spalle dell’altro).
Come si possono montare supporti così ingegnosi e raffinati per i tuoi biglietti mentre intorno si consuma la lotta per guadagnarsi un posto al sole? E ancora, appena aprono i cancelli si assiste alla corsa dei freelance per piantare la bandierina sullo spot più visibile? Esistono regole, tipo quelle della street art (non si attacca sul lavoro di un altro, non si staccano gli adesivi e cose così) oppure è tutto concesso?
E dove va a vivere il Muro a fine edizione? Esistono sotterranei enormi come quelli del British Museum in Indiana Jones?
Qualcuno mi risponda, vi prego, se lo sa.
Rientrare sgattaiolando nel discorso
Se poco sopra sono uscita dalla porta principale degli addetti ai lavori, provo ora a rientrare nel discorso passando dallo sgabuzzino posteriore. Sono giornalista e mi occupo soprattutto di illustrazione, ma soprattutto nel passato mi è capitato di lavorare a qualche evento collegato alla manifestazione. Quindi occhi a cuore sempre. Anche se questa modalità significa trovarsi davanti all’impossibilità di pensare ad un discorso strutturato sulla fiera. Quindi userò la mia modalità di riserva, le liste.
Cose belle della BCBF
Elenco di cose di sempre e specifiche di questa edizione, prese un po’ a caso e in ordine alfabetico:
- l’appuntamento di mezzogiorno degli illustratori che disegnano live in supporto alla Palestina
- la cortesia tranquilla e bellissima di certi stand (a parte le caramelline e gli adesivi, in uno stand orientale mi hanno dato una minicard che portava scritto semplicemente “thank you”)
- il corner di Hello Kitty: quest’anno un divanetto tondo e fluffoso con una mega Hello Kitty centrale, istigazione al selfie per ogni boomer del circondario
- i firmacopie (che richiedono sempre una buona dose di abnegazione e pazienza): quest’anno la sincronicità degli eventi mi ha portato da Corraini proprio mentre firmava Yocci, come non cogliere l’occasione?
- gli incontri: si può andare alla fiera da soli, ma non si sarà mai da soli in fiera. Non importa che tu abbia programmato o no, tutte le strade portano alla Bologna Children’s Bookfair.
- Il giardinetto dei libri appesi: un piccolo bosco a testa in giù che raccoglie i libri vincitori di premi: puoi sfogliarli e divertirti ad urtare gli estranei nel farlo.
- i look della fiera: esiste un piccolo glossario di stile, scomponibile e variabile, ma con alcuni capisaldi che purtroppo non possiamo approfondire ora, ma sarebbe divertente. Ammetto che anche io faccio caso a come mi vesto (o meglio: a come mi vorrei vestire, poi vince sempre il mimetismo dell’edera che striscia sui muri)
- le mostre: in fiera è faticoso per me concentrarmi sulle esposizioni, c’è un’atmosfera un po’ troppo confusionaria per la vecchia talpa che sono. Ma è una considerazione molto soggettiva, e in fondo anche quest’anno mi son tuffata di testa nella personale di Paloma Valdivia, che ha illustrato la copertina dell’Illustrators Annual
Anche in città ce ne sono di belle e interessanti e in questo caso di solito le puoi vedere anche con calma dopo la BCBF: ad esempio quella dedicata all’autrice belga Anne Brouillard (“La terre tourne” fino al 19.05, alla Fondazione del Monte, a cura di Hamelin) o quella di Lorenzo Mattotti, “I miei stupidi intenti” (presso Squadro Stamperia, fino all’8 maggio). - il Muro: vedi sopra.
Cose problematiche della BCBF
- Arrivarci: le fiere – si sa – sono un po’ fuori dai giri quotidiani. Quindi ci troviamo davanti al trionfo dell’autobus (il parcheggio è uno sport estremo in questi casi). Quest’anno mentre stavo seduta sul mio 39 e passavano le ore tra una fermata e l’altra mi ha folgorato il pensiero “E se l’atto in sé di andare alla BCBF, non fosse esso stesso BCBF?” Ad esempio, il bus è il posto migliore dove giocare all’indovina chi. Distingui gli illustratori dalle altre creature senza origliare le conversazioni, e così torniamo alla faccenda del look specifico già menzionato tra le cose belle, nelle sue varie declinazioni: straniero, autoprodotto, intellettuale, anziano e via così.
- Cibo: non sono dell’associazione consumatori, ma è risaputo che mangiare in fiera richiede cash fluente e tempo illimitato per le code. Da qui il classico ritrovo fuori dai padiglioni con schiscette di couscous, insalatine o qualunque cosa possa essere trasportabile. Io di solito vado a cioccolata e a volte spero negli aperitivi casuali.
- Temperatura: a prescindere dal fatto che la BCBF segna il solo vero e unico arrivo della bella stagione a Bologna, il fattore caldo eccessivo è determinato anche dagli spietati faretti sparati dai soffitti e dal possibile intervento della fastidiosa pioggerellina. Ma anche da:
- Il Carico sulle spalle: inutile, io provo ogni volta ad organizzarmi per viaggiare leggera, MA. Mettici la borraccetta, mettici un po’ di cibo, mettici un libro o due (come puoi astenerti completamente?), mettici la giacca, riesco sempre ad uscirne come un mulo sul sentiero verso la cima.
E in conclusione, come sta scritto anche sul cartello che salutava il mio ritrovamento dell’uscita (sì, anche l’orientamento tra i padiglioni per me è complesso, devo essere girata nel verso giusto dagli amici, non importa quanto abbia meditato davanti ai cartelli YOU ARE HERE): See you next year – 31 marzo – 3 aprile 2025.
Francesca Santoro, ufficio stampa e donna prolissa.
Scampata al mondo del fashion di lusso, oggi collabora con Frizzifrizzi.it ed Espoarte. Si occupa di femminismi, arte, illustrazione, cinema e caos interiore. Sta preparando un corso sull’ABC dei tarocchi
Ig: @ragazzasonica e @lolaville_press ma anche @madame_desantoire
Una risposta
Veramente sul muro tirano giù la tua roba e attaccano la loro… non ci sono regole da street art… solo jungla 😒